resi gratuiti

L’insostenibile leggerezza dei resi: strategie di digital commerce per il fashion (e non solo)

I resi sono insostenibili per l’ambiente e per le aziende, e sono aggravati da politiche di reso gratuito. Scopri come ridurre i resi, migliorare la costumar experience e ottimizzare le tue campagne.

Con l’inizio dei saldi e reduci dai regali di Natale, e prima ancora dal Black Friday,uno spettro si aggira per gli ecommerce d’Europa: la conta dei resi. Perché lo sappiamo, il problema dei resi è un tema serio: I resi online globali post Black friday nel 2023 sono stati pari a quasi 10 bilions, circa il 5% delle vendite di tutte le categorie merceologiche. Tassi di reso così elevati sono insostenibili sotto tantissimi punti di vista, per questo molte aziende in Europa stanno man mano dismettendo il reso gratuito e cambiando politiche di reso.

Dalla leggerezza all’insostenibilità: problematiche del reso gratuito

Nel panorama del fashion online, la politica dei resi gratuiti è stata a lungo considerata un vantaggio competitivo, un incentivo per acquisire e fidelizzare gli utenti e spingere gli acquisti.

Questa scelta ha chiaramente portato ad alcune conseguenze: in Italia, il fashion registra un tasso di reso del 16% degli acquisti online con un costo alle aziende che arriva fino a 30€. In Europa, il dato cresce: in Francia si parla 24%, in Germania il 44% e in Svizzera addirittura il 45%.

Negli ultimi anni, l’impatto ambientale e i costi associati a questa pratica hanno portato a una riflessione critica e ad una presa di coscienza che ha coinvolto anche i legislatori, che hanno varato normative circa lo smaltimento dei resi.

 

Il problema in numeri:
  • 10 miliardi di kg: rifiuti tessili globali generati annualmente, in parte da resi.
  • 2,78 kg CO2: emissioni medie di gas serra per ogni reso nel settore fashion.
  • Consumo di risorse: ogni reso comporta uno spreco di acqua e suolo nella produzione tessile.
  • Inquinamento: solo il 90% dei resi viene riutilizzato; il 10% finisce in discariche. Nel 2021, Amazon ha smaltito oltre 100.000 prodotti resi al mese.
  • Costi di gestione: il 10% riutilizzato richiede sanificazione e imballaggio, con meno del 55% venduto a prezzo pieno, a causa dei tempi di reso che fanno finire i prodotti in saldo perchè fuori stagione.
  • Costi di trasporto: i resi aumentano le emissioni e i costi logistici, con un costo operativo tra 8 e 12 euro.

I dati quindi evidenziano l’urgenza di ripensare il modello dei resi gratuiti nel settore fashion.

Ridurre i costi e migliorare l’efficienza nella gestione dei resi è fondamentale per i margini di profitto e consente di dedicare più risorse ad attività strategiche. Inoltre, pratiche sostenibili possono rafforzare la reputazione del brand in un contesto di crescente attenzione ambientale da parte dei consumatori.

 

L’inversione di rotta

Questo è il quadro in cui si muovono molti brand che intendono rivedere le proprie strategie.

Infatti per diversi siti eCommerce, il reso gratuito costituisce una politica del passato da dismettere perchè non più sostenibilie, primariamente per ragioni economiche. I brand di Inditex (tra cui Zara), Uniqlo, H&M, Asos hanno modificato le loro policy di reso online testando il reso a pagamento. La grande fama di questi brand, la consuetudine ad acquistare dai loro ecommerce, e un grande pubblico già fidelizzato, che non ha bisogno della leva del reso per acquistare, hanno reso possibile questa transizione.

Nel 2024, anche Amazon e Zalando, pionieri nelle policy di reso estreme, hanno iniziato a rivedere le loro politiche di reso. Amazon ha ridotto il periodo di reso da 30 a 14 giorni per alcune categorie di prodotti, applicando la modifica anche ai venditori di terze parti. Zalando, che ha storicamente offerto resi gratuiti per 100 giorni, sta limitando questa opzione ai membri premium e sta implementando soluzioni basate sull’AI, come un camerino digitale e un assistente di moda tramite ChatGPT, per ridurre i resi migliorando l’esperienza d’acquisto.

Se, invece, si parla di direct-to-consumer di piccole e media dimensioni o di brand che non sono top of mind si ha un freno maggiore ad applicare policy di reso troppo severe.

Secondo una ricerca di Walker Sands il reso gratuito costituisce la seconda motivazione di scelta di un e-commerce, subito dopo tempistiche e costi di spedizione. É chiaro quindi che risulta molto difficile rinunciare a questa leva.

 

L’effetto dei resi sul digital advertising: la difficoltà di calcolare il ROAS

l problema dei resi ha conseguenze dirette anche sul Return on Advertising Spend (ROAS), un indicatore chiave per le campagne di marketing digitale.

Le campagne stesse, inoltre, sono costi che vanno a sommarsi al margine negativo, amplificandolo.

I prodotti che vengono restituiti vengono inseriti più volte in ogni campagna, perchè lo stock va e viene dai magazzini e quindi l’investito sul singolo capo aumenta. Il ROAS che si legge nei report è un ROAS fittizio, poiché non considera che parte dello stock rientrerà,  con costi di gestione superiori.

La misurazione del ROAS deve tener conto per tanto dei resi e dev’essere aggiornato man mano che la finestra di reso si chiude.

Se parliamo di digital advertising nel fashion, le campagne a performance con obiettivo vendite ben gestite hanno un ROAS che si attesta intorno al 4% per i siti mono brand. Questo dato non considera il costo del prodotto e della logistica, e quindi la marginalità. È facilmente intuibile che se aggiungiamo il costo del reso e il ritorno della merce in magazzino il Roas diventerà negativo, perché ogni 10 prodotti venduti, due ritornano in magazzino (con relativi costi di trasporto, gestione, imballaggio e sanificazione e rimessa in vendita ad un prezzo che nel 45% non è più il prezzo pieno).

Il problema viene amplificato quando parliamo di campagne advertising all’interno dei marketplace, e soprattutto da Zalando, dove il reso a 100 giorni non permette di avere un aggiornamento tempestivo dei dati e pertanto di valutare il ROAS di campagna in maniera precisa puntuale. Le campagne performance per eccellenza sono le campagne sponsored product, disponibili sulle principali piattaforme di retail media. Questo formato è caratterizzato da una competizione ancora bassa, soprattutto se non parliamo di Amazon, e quindi da costi di acquisto del traffico bassi (un click costa in media la metà rispetto all’universo Google a parità di paese). Questi fattori uniti ad un CR elevato, essendo già in un ambiente di vendita e in una fase bassa del funnel di raccolta consentono di registrare ROAS di circa 35/40. I tassi di reso dei marketplace sono però nettamente più elevati, si pensi che per Zalando in Germania si parla di oltre il 70%. In media ogni 10 prodotti venduti , dai 5 ai 7 tornano indietro. Tuttavia i ritorni delle campagne pubblicitarie sono talmente elevati che consentono ancora di tenere un bilancio positivo.

Ma quindi la soluzione è investire in advertising a performance solo sui marketplace? Assolutamente no! Troppo spesso, le campagne marketing vengono gestite con ROAS positivi ma senza analizzare il dettaglio dei resi e quindi senza considerare l’importanza di un’analisi strategica sulla marginalità. Questo approccio rischia di compromettere il successo a lungo termine del brand, questo soprattutto se si lascia il pilota automatico dell’AI delle diverse piattaforme (Google, Amazon, Zalando) che non possono avere in pancia queste indicazioni.

Prima di far partire le campagne è comunque necessario lavorare sull’esperienza dell’utente a 360° perchè le campagne pubblicitarie sono il megafano di ciò che funzione e di ciò che non funziona, ecco perchè è fondamentale investigare le motivazioni dietro ai resi, migliorare l’esperienza utente, comprenderla e agire su questa, ridurre il tasso di resi e trovare alternative al reso gratuito prima ancora che agire sulle campagne.

 

Lo studio: comprendere il comportamento dell’utente

Esistono due comportamenti molto diffusi tra i consumatori online che contribuiscono significativamente all’aumento dei resi, mettendo a rischio la sostenibilità del business e causando un impatto ambientale non trascurabile: il wardrobing e il bracketing.

Il wardrobing si riferisce a quel fenomeno in cui i clienti acquistano prodotti costosi con l’intento di usarli una sola volta, per poi restituirli.

Il bracketing, invece, è una pratica molto comune nello shopping online che consiste nell’acquisto dello stesso articolo in più taglie o varianti di colore, per poi restituire quelle che non vanno bene.

Oltre al wardrobing e al bracketing, ci sono altre motivazioni comuni per cui i consumatori restituiscono i prodotti. Tra queste:

  • Prodotti difettosi o danneggiati: Circa il 39% dei resi avviene a causa di difetti o danni ai prodotti ricevuti. Questo tipo di reso è inevitabile, ma una maggiore attenzione alla qualità e al controllo durante la spedizione potrebbe ridurre il fenomeno.
  • Mancata conformità alla descrizione: Un altro 30% dei resi è dovuto alla discrepanza tra il prodotto ricevuto e la descrizione o le immagini presenti sul sito web. Questo evidenzia l’importanza di avere schede prodotto dettagliate e realistiche, con foto e descrizioni che rispecchiano accuratamente l’articolo.
  • Prodotto non più necessario: Circa l’11% dei resi è legato a decisioni di acquisto impulsive, dove il cliente decide di restituire l’articolo perché non ne ha più bisogno o ha cambiato idea.

Naturalmente le statistiche generali potrebbero non adattarsi a tutti, per cui è sempre bene **Sfruttare i dati,** analizzare i resi per identificare le aree di miglioramento e ottimizzare la propria offerta, l’aggiunta di un questionario dettagliato per le motivazioni di reso potrebbe aiutare a comprendere quali sono le cause principali e agire su di esse.

 

Le azioni preliminari: trasparenza, comunicazione chiara e impegno per la sostenibilità

Una volta comprese le motivazioni degli utenti, è necessario rivedere le tue policy, la tua comunicazione e il tuo posizionamento. Esistono delle best practices che possono spingere l’utente all’acquisto e fidelizzarlo e che sono applicabili fin da subito ancor prima dell’implementazione deicamerini virtuali e delle conversazioni con l’AI.

Trasparenza e informazione: fornire ai clienti informazioni complete e dettagliate sui prodotti, attraverso descrizioni esaustive, immagini di alta qualità e guide virtuali. Questo può aiutare a ridurre gli acquisti impulsivi e quindi i resi successivi.

Politiche di reso chiare e consapevoli: comunicare in modo trasparente le condizioni di reso, definendo tempi massimi, modalità di riconsegna e costi a carico del cliente. Incentivare i resi in negozio, quando possibile, per ridurre l’impatto ambientale del trasporto.

Evidenziare l’impegno e l’impatto del reso: Fare education per i consumatori spiegando il costo dei resi e l’impatto e l’impegno del brand per ridurli spingendo ad un acquisto non di impulso ma consapevole, e quindi ad un reso consapevole.

 

Agire alla fonte del problema: ridurre il tasso dei resi

Una volta analizzate motivazioni dei resi, esperienza dell’utente e implementate le best practice basilari, si possono mettere in atto strategie per ridurre il tasso dei resi, così da eliminare parte del problema.

  • La scheda prodotto: una delle principali cause di reso è la corrispondenza tra articolo e scheda prodotto. La descrizione presente nella scheda spesso è incompleta o inaccurata o il prodotto differisce dalla fotografia presente sul sito. Lavorare sulle descrizioni sia sul d2c che sui marketplace perchè siano dettagliate, precise e reali, con l’aggiunta di foto esplicative e infografiche, permetterà al consumatore di fare una scelta consapevole. Ad esempio inserire foto del capo indossato con l’indicazione della taglia della modella e della vestibilità aiuta l’utente a scegliere, diminuendo il rischio di errori.
  • Comunicare le tempistiche di spedizione: una delle possibili cause di reso è la mancata consegna in tempo per una occasione specifico o un evento. Ricevere l’ordine nelle tempistiche comunicate e garantite è un elemento chiave per ridurre la possibilità di reso. Per ridurre queste evenienze sono necessarie una comunicazione precisa e puntale sulle tempistiche e un magazzino efficiente che riesce a mantenerle.
  • Aiutare nella scelta tramite una ricerca ‘intelligente’: L’ispirazione è un’altra leva fondamentale per ridurre i resi. Per esempio, una delle maggiori difficoltà dei consumatori mentre fanno acquisti online è spesso legata al vasto assortimento di articoli a disposizione. In particolare, quando si fa shopping per occasioni speciali, bisogna tenere in considerazione diversi fattori (tra cui la formalità dell’evento, la stagione e il luogo in cui avverrà) che potrebbero portare a “perdersi” alla ricerca del capo d’abbigliamento ideale, con un conseguente acquisto di più opzioni da provare a casa e la restituzione degli articoli non in linea con le proprie aspettative. Ma cosa succederebbe se, grazie ad una SERP migliore si potesse restringere la ricerca a ciò di cui il cliente ha bisogno già nella prima fase, ovvero quando sta navigando alla ricerca degli articoli? Tramite l’utilizzo dell’AI conversazionale, come Chat GP, è possibile creare degli assistenti virtuali che vadano a scremare la pagina di risultati e offrire meno risultati ma più in linea con le esigenze espresse.
  • Il camerino virtuale: tramite la realtà aumentato è possibile creare dei camerini virtuali per far vivere esperienza più personalizzata possibile. Si passa dalla creazione di un avatar 3D con le proprie misure che permette di ottenere una migliore visualizzazione della vestibilità dei capi. La nuova funzionalità si basa sulle specifia forma del corpo che è possibile comprendere caricando solo due foto in abiti attilati, poi l’elaborazione è tutta opera dell’intelligenza artificiale. Zalando ha già testato una soluzione similare e ha permesso di ridurre i resi fino al 40%.

 

Come sostituire il reso gratuito

E per quei resi che sono inevitabili? Esistono delle alternative al reso gratuito che siano meno impattanti per ambiente e business ma che tengano anche in conto l’esperienza dell’utente? Secondo la nostra esperienza, sì. Naturalmente si comincia dal rendere l’esperienza utente semplice e fluida fin da subito: offrire un servizio clienti impeccabile, una navigazione fluida sul sito web.

Poi, si può proporre:

  • Cambio taglia e buono acquisto: offrire buoni sconto, sconti fedeltà o servizi di valore aggiunto per compensare l’assenza di reso gratuito e incentivare l’acquisto diretto. Incentivare il cambio taglia in negozio ha un duplice vantaggio: può tradursi in opportunità di vendita anche di altri prodotti.
  • Prova e paga dopo: Si lascia all’utente un tempistica ridotta per la prova a casa, che non prevede l’acquisto. Dopo che l’utente ha scelto i capi da tenere si effettua la vendita. Questo ridurrebbe il bracketing. Non essendo stata effettuata la vendita per legge non si applica il contratto di vendita e quindi la possibilità di diritto di recessione di 14 giorni, per questo la prova può essere di 7 giorni. Questa strategia aiuta a rimettere in circolo la merce il prima possibile e quindi evita che il prodotto entri nel fuori stagione. Si possono suggerire modalità di restituzione sui punti di consegna che riducono il traffico su ruota dei prodotti e quindi le emissioni dei trasposti.
  • Applicazione di un costo simbolico di gestione del reso: come già applicato dai colossi del fast fashion, per spingere verso un consumo più consapevole.
  • Esplicitare il minor impatto ambientale di altre policy di reso: sempre più consumatori sono attenti alla sostenibilità ambientale e questo guida anche la scelta del reso. Si ha un aumento del 15% della scelta più sostenibile come come il drop-off in un punto di ritiro invece che il ritiro a domicilio, se questa viene esplicitata come eco-friendly. In questo caso iF Returns registra un calo dal 90% al 20% del ritiro a casa a favore del punto di ritiro.
Strategie per rendere le campagne efficienti

Per quanto però si possa arginare il fenomeno, bisogna essere consapevoli che, con ‘aumentare delle vendite online, non si potrà eliminare del tutto. Bisognerà imparare a convivere con i resi, e a gestire le campagne in maniera lungimirante

Per gestire al meglio le campagne, per noi è necessario:

  • Entrare nel dettaglio: Non fare di tutta l’erba un fascio: non tutti i singoli prodotti hanno le stesse performance: ci sono capi con resi superiori e capi con resi inferiori alla media. Capire cosa sponsorizzare e qual è il ROAS per singolo gruppo di prodotti è compito di chi gestisce la campagna. Nessun motore di ottimizzazione pubblicitario è in grado di fare valutazioni di fino con dati di marginalità legati al singolo prodotto, perchè considera il prezzo finale all’utente e non si ha la possibilità di introdurre i dati di marginalità e di reso. Rimane pertanto un moto cieco rispetto al problema dei resi, che non è un problema uniforme ma che varia da capo a capo. L’intelligenza umana può però creare dei cluster con caratteristiche simili di marginalità e reso e valutare quale sia il ROAS target per ogni cluster, così da poter spingere sull’accelatore o frenare a seconda delle performance dei singoli gruppi
  • Pianificare in base allo stock e al ritorno dello stesso: pianificare il budget in base alla velocità di rotazione del prodotto e al ROAS valutando anche lo stock a disposizione, includendo anche il ritorno e la rimessa in circolo degli stessi. Se i capi rischiano di andare out of stock è importante rallentare la pressione pubblicitaria, ma quello che bisogna prevedere è anche la rimessa in circolo dei capi resi, così da poter avere sempre una buona rotazione nel magazzino, senza avere picchi positivi e negativi degli stessi capi.
  • Analisi dei dati: come sempre l’ottimizzazione passa da un lavoro certosino sull’analisi dei dati che posso individuare i trend nel dettaglio e che possa permettere le singole ottimizzazioni sui cluster o sui prodotti.

 

Questo è il contesto in cui ci muoviamo e il motivo alla base delle diverse politiche di reso che in questi giorni molte aziende stanno implementando.

Se vuoi scoprire come gestire i resi all’interno della tua digital strategy, scrivi a Marta De Conto, la nostra Retail Media e Marketplace Director, o a Matteo Bilancioni, CEO e Founder.

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